
Sono alcuni dei dati emersi in occasione del convegno ”Gli orti comunali: un fenomeno sociale in continua espansione”, che si è svolto durante la Fiera di Vita in Campagna. Tra le funzioni più rilevanti quella sociale, perché lavorare ad un orto urbano (i più diffusi sono quelli di quartiere) favorisce il dialogo tra culture e fasce della popolazione di età e tradizioni diverse.
Nati alla metà dell’800 in Germania, gli orti urbani si sono rapidamente diffusi in tutta Europa e oggi consentono di produrre fino a 50 kg/mq di prodotti freschi all’anno. E se i più diffusi sono quelli di quartiere, negli ultimi anni sono diventati sempre più tematici: orti per donne, per scolari, per disabili con valenza di ”giardino interculturale” per facilitare l’interscambio e ”fattorie urbane” volte ad alimentare chi ci lavora.
All’inizio degli anni 2000 questi spazi recuperati da aree degradate venivano soprattutto concesse ad anziani per favorire la socializzazione, ma oggi vengono assegnati anche a scuole (leggi La scuola della terra), a persone con disagio sociale e di tutte le età. E così succede anche che numerosi parchi urbani un tempo lasciati a se stessi, tornano a essere popolati e vissuti.
Un caso emblematico è quello del Comune di Livorno. ”Ottenuta la copertura finanziaria di circa il 50% dalla Regione Toscana e aggiudicati i lavori, tra l’ottobre del 2004 e il maggio del 2005 sono stati realizzati 227 orti di cui 10 riservati per casi sociali rilevanti, 7 alle scuole e 210 assegnati in base al solo criterio dell’età anagrafica – spiega Mirco Branchetti, responsabile Ufficio Gestione Verde Urbano, Agricoltura e Foreste del Comune di Livorno – In media ogni orto è costato sui 1.000 euro all’anno con una produzione di 120-140 kg per una produzione totale tra i 25 e i 30.000 kg. Il pomodoro è stato l’ortaggio più coltivato in primavera-estate, mentre insalata, cavoli e cipolle hanno registrato una produzione costante” (fonte Adnkonos).