Frutta, verdura e cibi ottenuti da coltivazioni intensive hanno pochi nutrienti rispetto ai cibi ottenuti dall’agricoltura biologica

Alimenti industriali: hanno un valore nutritivo scarso? Nei paesi sviluppati,ingeriamo sempre più calorie sia dai prodotti alimentari trasformati sia dal cibo fresco che sembrano essere diventati gusci vuoti dal punto di vista nutrizionale. Una dozzina di studi universitari canadesi, americani e britannici, pubblicati tra il 1997 a oggi hanno riportato il crollo delle concentrazioni di nutrienti nel cibo. Queste ricerche sono state riassunte nello studio Still no free lunch di Brian Halweil, ricercatore al Worldwatch Institute che conferma l’aumento di calorie vuote derivanti dal grasso e dallo zucchero ma poco salutari mentre nei cibi freschi si è dimezzata la presenza di vitamine A e C, proteine, fosforo, calcio, ferro e oligoelementi. Per trovare le qualità nutrizionali di un frutto o vegetale del 1950, oggi se ne dovrebbe mangiare mezza cassa.
Cosa è accaduto in poco più di 65 anni alla nostra agricoltura?
Gli agricoltori hanno raddoppiato o triplicato la resa dei principali cereali e di frutta e verdura usando più fertilizzanti, pesticidi, macchinari più sofisticati e tanto diesel. L’aumento di rese per acro sono giunte prevalentemente da due fonti: più piante per acro e l’amento delle piante destinate all’alimentazione animale. In alcune colture come il mais, la maggior parte dell’aumento resa è venuto da piantagioni dense; in altre colture, è stata la raccolta di più parte nobile per pianta, albero o vite.
Dati governativi sia provenienti dall’amministrazione Usa, sia dal Regno Unito hanno dimostrato che la concentrazione di una gamma di sostanze nutritive essenziali nel cibo è diminuita negli ultimi decenni, con cali percentuali a doppia cifra: ferro, zinco, calcio, selenio sono dimezzati. Di conseguenza, le stesse porzione di mais dolce o patate, o una fetta di pane integrale, offrono meno ferro, zinco e calcio rispetto alle analoghe porzioni di 65 anni fa. Praticamente, in termini di rendimento abbiamo maggiori quantità di pomodoro ma minore concentrazione di Vitamina C, licopene e bera-carotene; il latte ottenuto da mucche da allevamento industriale ha meno grassi, proteine e altre componenti nutrizionali mentre gli animali sono più vulnerabili a una gamma di malattie metaboliche, infezioni e problemi riproduttivi. E l’industria alimentare ha risposto con l’aggiunta di vitamine e minerali nel cibo usati, per affrontare carenze palesi nell’assunzione dei nutrienti.
La vitamina A è in calo in 17 dei 25 frutti in cui è presente; calano i nutrienti anche per patate e cipolle. Secondo la RDA (razione giornaliera raccomandata) per coprire il nostro fabbisogno di vitamina C dovremmo consumare 21 arance al giorno. Cattive notizie anche per i broccoli che se nel 1950 conteneva 12,9 mg di calcio nel 2003 il quantitativo per etto è sceso a 4,4.
A salvarsi è l’agricoltura biologica poiché fertilizzanti organici come il letame offre un mix più equilibrato di sostanze nutritive e che rilascia i nutrienti più gradualmente, incoraggiando le piante a sviluppare una radice più robusta e sistemi che assorbano più consistentemente i nutrienti. Altre volte è bastato ridurre i pesticidi su una vasta gamma di frutta e verdura per aumentare in maniera sostanziosa la presenza dei nutrienti.
Via | Terra Eco