Sardegna, una terra intrisa di mistero e di tradizioni esoteriche

La Sardegna è una delle due grandi isole italiane, collocata nel bel mezzo del Mar Mediterraneo. Da sempre viene considerata una terra magica, soprattutto dai suoi abitanti.
Le prime tracce di presenza umana (Homo erectus) in Sardegna risalgono al Paleolitico inferiore e consistono in rudimentali selci scheggiate, ritrovate nel sassarese, risalenti a un periodo compreso tra i 500.000 e i 100.000 anni fa. Le prime tracce di Homo sapiens sapiens risalgono invece a circa 14.000 anni a.C. Gli scavi effettuati nella Grotta Corbeddu, presso Oliena, hanno restituito pietre sbozzate e fossili umani. Al Mesolitico vengono invece datati i reperti della Grotta Su Coloru di Laerru.

Percorrere tutta la storia di questa terra fin dal periodo più remoto sarebbe davvero interessante ma piuttosto lungo e credo che questa non sia la sede opportuna. Però è bene essere consapevoli di quanto antica sia quest’isola e di quante differenti popolazioni, culture, credenze, tradizioni, leggende e misteri l’abbiano caratterizzata, dal paleolitico al neolitico (Sardegna preistorica e prenuragica), dall’età nuragica (1800-1600 a.C. circa) ai Fenici e Cartaginesi (X-VIII sec. a.C.), dai Romani al medioevo, dagli Aragonesi ai Savoia e infine ai giorni nostri.

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abvla VII Evro – Carta delle isole tratta dalla prima edizione del 1522 della Geographia, curata da Laurent Fries. La mappa deriva da quella ideata dal Waldseemuller, rispetto alla quale risulta una riduzione. L’esemplare presenta il titolo in alto racchiuso in un cartiglio, ed al verso delle meravigliose cornici rinascimentali, tipiche della sola edizione del 1522. Silografia a proiezione trapezoidale, piccoli restauri alla piega centrale, e nel cartiglio in alto, nel complesso in buono stato di conservazione. Rara prima edizione.

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Sardiniae Regnum Insula – 1734 – Dimensioni: altezza:61 cm. base:62,5 cm.

La Sardegna è infatti un’isola ricca di misteri e offre la possibilità di immergersi in antichi luoghi, sacri, che hanno un enorme impatto. Entrare in alcune grotte è indubbiamente un’emozione che porta agli arcaici sciamanesimi italici. È da sempre e in tutto il mondo conosciuta per la presenza di antichi monumenti avvolti da magia e mistero e legati a remoti culti pagani. Sono numerosissime le leggende che vengono tramandate di padre in figlio e che sono giunte fino a noi, altrettanto diffuse sono figure fantastiche e terrificanti che popolano i luoghi più selvaggi. Così come in tutto il resto del mondo sono sempre state praticate la divinazione e la negromanzia e ancora oggi si recitano i Brebus (parole magiche sarde che danno luogo alla magia sarda.)
Su tutto il suo territorio sono disseminati numerosissimi Menhir e Dolmen, le Domus de Janas, Tombe dei Giganti, Pozzi Sacri e Nuraghe. La loro presenza è testimonianza della Sardegna pagana, del culto per le divinità e del legame ancora vivo tra i sardi e il paganesimo. Riguardo le ragioni e gli usi per cui sono stati costruiti esistono numerose ipotesi.
Per quanto riguarda Menhir e Dolmen, che risalgono all’epoca pre-nuragica, si è ipotizzato che possano essere delle porte di accesso al mondo degli dei, luoghi spirituali e secondo alcuni studi essi sarebbero collocati in particolari punti energetici e avrebbero potere terapeutico.

Anche le Domus de janas, come i Menhir, appartengono alla cultura di Ozieri; sono delle tombe scavate nella roccia dalle popolazioni che vissero in Sardegna nel Neolitico chiamate le case delle fate (Janas)e danno, così, vita a fantastiche leggende che vengono tutt’ora raccontate mantenendo il loro oscuro fascino. Importantissimo è anche il culto della Dea Madre, culto appartenente a tutti i sardi, testimoniato dalle numerose piccole statuette funerarie che raccontano come in questa terra si venerasse una divinità donna. Pettinature elaborate, sguardo severo, lineamenti del viso appena abbozzati, seni preminenti, fianchi larghi, segni di fecondità.

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Chi era questa Dea? Era una divinità che in primo luogo generava per partenogenesi, “nata da se stessa”, non aveva bisogno della presenza maschile. Il suo potere si poteva riscontrare in ogni essere e in ogni fenomeno naturale, nelle pietre e nell’acqua, negli animali e nei fiori. A essa erano legate tre fortissime accezioni: la vita, la morte e la rinascita. Essa era dispensatrice di vita, in grado di risvegliare la terra dopo le angustie dell’inverno, di offrire nutrimento agli uomini, di far sbocciare i prati, di rischiarare i cieli, di favorire la fertilità degli animali. I suoi seni, tanto cari a questi primi formidabili scultori, gorgheggiano di vita: non a caso la Dea li protegge, li nasconde tra le mani, come se in essi custodisse un tesoro prezioso. Essa è divinità di morte, accompagna il trapasso, guida il defunto nel suo viaggio nell’aldilà.

Le Tombe dei giganti si presentano come monumenti funerari costituiti da sepolture collettive appartenenti alla età nuragica. Sono costruiti lungo canali energetici ed essendo luoghi di culto i sardi ci si recavano per pregare e spesso svolgevano antichi rituali che purtroppo sembrano oramai andati perduti.

S'Ena e Thomes | SardegnaTurismo - Sito ufficiale del turismo ...



Per quanto riguarda i nuraghe si è sempre affermato che fossero delle torri con funzione di difesa e di controllo.
La parole nuraghe viene in relazione con la radice fenicia di nur, che vuol dire fuoco, e fu spiegato come fuoco nel senso di dimora o di tempio del fuoco, con riferimento a culti solari che si sarebbero praticati sulla terrazza delle torri nuragiche. Questo ha alimentato negli ultimi anni una più probabile destinazione religiosa, cultuale e rituale ma il dibattito divide tuttora gli specialisti.

Complesso nuragico di Su Nuraxi a Barumini, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

Boom di visitatori nel 2017 alla reggia nuragica di Barumini - La ...


Studiando la posizione di tutti questi monumenti ci si è resi conto che gli stessi hanno una collocazione precisa e per nulla casuale.
Da diversi anni in tutto il mondo sono stati effettuati calcoli e comparazioni circa alcuni monumenti allineati con alcune costellazioni celesti. Che tutto ciò non sia frutto del caso, nasce dal fatto che comparando i monumenti conosciuti con le rispettive costellazioni, esistono “stelle mancanti” (in realtà le stelle ci sono, mentre sulla terra sono ancora nascoste o non considerate parte dell’antico disegno).
In Egitto, Messico e altre località infatti, comparando in scala “immagini satellitari della terra” e le rispettive “costellazioni complete” sono stati ritrovati i corrispettivi monumenti mancanti.
Secondo alcuni i nuraghe ricalcherebbero la disposizione della costellazione delle Pleiadi. È possibile che, già 3.500 anni fa, i nuragici avessero un grado di civiltà così avanzato da conoscere i fenomeni celesti? Augusto Mulas, agrotecnico di Ozieri con la passione per l’archeologia, non ha dubbi: sì. Lo dimostra, dice, il complesso nuragico di Torralba, in cui i nuraghi ricalcano perfettamente la disposizione della costellazione delle Pleiadi.


«Il dato più importante – dice Mulas – è che il nuraghe di Santu Antine, il più bello del sistema, corrisponde ad Alcione, la stella più bella dell’ammasso delle Pleiadi. Fu costruito in una pianura alluvionale: perché faticare tanto a spostare tutta quella terra se non per rispettare la posizione astrale?».
Ma perché proprio le Pleiadi? E poi perché quell’antico popolo, che sembra essere stato così in armonia con l’universo, realizzò quel complesso? Le risposte sono incerte, ma, dice l’archeoastronomo Mauro Zedda, sono certi gli studi di Augusto Mulas, confortati dal rigore scientifico.

Marco Magistro ha portato avanti delle ricerche e degli studi personali e ha avuto modo di scoprire in Sardegna diverse serie di monumenti Archeologici Prenuragici (quindi i più antichi), perfettamente allineati alla costellazione di “Orione”. Alla luce di questa ricerca si ritiene che gli Shardana (Popoli del Mare), avrebbero edificato alcuni monumenti in onore del loro dio Padre (al quale anche gli Egizi erano molto legati).

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Lo studio è stato effettuato solo su una zona della Sardegna, con l’ausilio di una mappa e un programma d’elaborazione celeste che rappresentando lo scorrere del tempo (antico, odierno e futuro), presenta un’idea di come i cieli di quei tempi potevano essere visti dai popoli antichi.
Sono stati inoltre localizzati alcuni punti mancanti (con le stelle mancanti) dove dovrebbero esserci resti nascosti di questi antichi popoli, che completano perfettamente il disegno della rispettiva costellazione (risalenti al 12000 a.C. in base ai movimenti millenari delle stelle).

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Di seguito i numeri, il comune e il sito, da paragonare alla cartina sopra pubblicata.
8 Banari – Ipogei di Ziu Juanne
10 Bessude – Necropoli ipogeica preistorica Enas de Cannuja
20 Cargeghe – Domus de Janas S’Elighe Entosu (trad. Tomba delle Fate, nota similitudini n. 79, 95)
21 Domus dell’Elefante (con all’interno simboli Taurini)
23 Chiaramonti – Necropoli Su Murrone
46 Nulvi – Tempio a pozzo nuragico “Pozzo Irru”
48 Osilo – Domus a prospetto architettonico di Ittiari
49 Ossi – Museo Etnografico Comunale
51 Ossi – Necropoli ipogeica preistorica di Noeddale
52 Ossi – Necropoli ipogeica preistorica di S’Adde e Asile
53 Ossi – Villaggio nuragico Sa Mandra e Sa Giua
62 Perfugas – Museo Archeologico e Paleobotanico
63 Perfugas – Tempio a pozzo nuragico di Predio Canopoli
67 Porto Torres – Necropoli ipogeica di Su Crucifissu Mannu
69 Porto Torres – Ponte romano di Turris Libisonis (antico nome della città)
74 Sassari (S.S. per Porto Torres) – Altare megalitico preistorico di Monte d’Accoddi (unica Ziqqurat in Europa)
77 Sassari – Tomba a prospetto architettonico di Molafà
78 Sassari – Tomba V di Montalè
79 Sedini – Domus de Janas della Rocca
81 Sennori – Necropoli ipogeica preistorica del Beneficio Parrocchiale
88 Siligo – Chiesa di Santa Maria di Bubalis (Nostra Signora di Mesumundu), si noti la singolarità del nome Bubalis (sembra d’origine Egizia) e Mesumundu (una chiesa segna il centro del mondo? Costruita su prec. Tempio Pagano?)
89 Tissi – Ipogeo preistorico con prospetto a stele di Sas Puntas
95 Usini – Necropoli di S’Elighe Entosu
98 Villanova Monteleone – Tomba di Giganti di Laccaneddu (in Sardegna esistono centinaia di Tombe dedicate ai Giganti, un chiaro ricordo delle antiche civiltà di Annunaki, Nefilim o semidei, di cui TUTTE le antiche civiltà parlano).

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Nella cartina sopra, compaiono anche Musei, parchi (icona blu), periodi: medievale (icona verde), paleocristiano (icona verde oliva), punico (icona arancione), Età romana (icona verde brillante), periodo Nuragico (icona rossa) e Prenuragico (icone marroni).
Ciò che lo studioso ha personalmente analizzato si estende in una zona vastissima del Nord Ovest Sardegna, immaginate cosa dovette essere edificare monumenti tombe e architetture varie in epoche remotissime, seguendo uno schema stellare con precisione assoluta, con mezzi che non conosciamo e non semplicemente tirando due righe su una cartina, come ha fatto lui.
Le stelle, i pianeti e le galassie si muovono nel corso dei secoli e dei millenni, in pratica il cielo come lo vediamo oggi non è come lo videro le antiche civiltà. Allora se l’archeologia ufficiale ci dice che il periodo Nuragico risale al secondo millennio a.C. e il Prenuragico è precedente a questa data, come può succedere che mandando un programma di elaborazione celeste indietro nel tempo (in simulazione), succede la stessa cosa che accade in Egitto con la Sfinge e le tre piramidi.
Di fatto in Egitto posizioni e monumenti risalirebbero al 10500 a.C. in Sardegna le posizioni e i monumenti (per rispecchiare nel modo più simile la Costellazione di Orione), ci riportano addirittura al 12000 a.C. (data attribuita alla scomparsa di Lemuria).


Sono tantissimi i luoghi che possiamo considerare esoterici, tra i più noti e caratteristici vi sono i seguenti.

Monte d’Accoddi (SS), Il tempio dedicato alla luna (ziqqurat mesopotamica)

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E’ considerato l’unico esempio di ziqqurat presente in Europa. Il tempio è risalente al 4500 a.C., durante il Neolitico Medio, quando vi erano insediamenti di capanne a pianta circolare di paglia e legno. L’area sacra è impreziosita dalla presenza del menhir e da un altare sacrificale, oltre che da un omphalos o pietra rotonda. Questa pietra è assai curiosa se si pensa che letteralmente significa “ombelico” e che la sua funzione non è ancora stata scoperta. Si pensa che così lavorata potesse simboleggiare un luogo sacro, dove la realtà del mondo (pietra) era toccata da quella del divino (sfera).

Oschiri (OT), la chiesa e l’altare rupestre di S. Stefano

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All’interno di un boschetto a nord dell’abitato di Oschiri, davanti alla chiesa di Santo Stefano, si erge una grossa pietra granitica della lunghezza di circa 10 metri con delle incisioni geometriche distribuite in una precisa sequenza. L’impatto è impressionante essendo un unicum nel suo genere e chi ha potuto osservarla si è inevitabilmente posto mille interrogativi.

Samugheo (OR), il castello di Medusa.

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Dice una leggenda che Medusa fosse una principessa, figlia di Forco, re di Sardegna. Nel 253 d.C. avrebbe ereditato il regno di suo padre per 28 anni, finchè morì combattendo per mano di Perseo che, decapitandola, sarebbe ritornato in patria con la sua testa. Non a caso Perseo cercò la gorgone Medusa nei mari d’occidente (e, perchè no, la trovò proprio in Sardegna). La nostra Medusa sarda era rinomata come la donna più bella dell’isola, guerriera, molto intelligente e dedita alla magia. Anche la Medusa della mitologia greca la vede come una donna di altrettante virtù, a tal punto da far invaghire lo stesso Poseidone, dio del Mare (la Sardegna si sa, è la patria del mare) che la possedette sotto le sembianze di un uccello, nel tempio di Minerva, profanandolo.

Paulilatino (OR), il pozzo sacro di Santa Cristina

Il pozzo di Santa Cristina: un mistero della Sardegna - Ecobnb


Si tratta del bellissimo nuraghe con villaggio di Santa Cristina con l’omonimo tempio a pozzo. Quest’ultimo, composto da conci lavorati alla martellina, è uno degli esempi di architettura più belli della Sardegna, allineato astronomicamente con l’astro di Diana. Alcuni astrologi hanno affermato che ogni 18 anni e 6 mesi, alla fine di Dicembre / inizio Gennaio, la luna si specchia sul fondo del pozzo passando per il foro che sovrasta la tholos. Non si hanno date certe della costruzione del pozzo e la sua perfetta realizzazione ipotizza sia stato realizzato con una tecnologia aliena.

Sinis Cabras (OR), Località Monti Prama, i giganti di Monti Prama

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Trenta gigantesche statue di pietra, alte due metri circa, di almeno 2700 anni fa. Trattasi di trenta guerrieri, tra arcieri e pugilatori, forse a custodia di una tomba proprio come i famosi guerrieri cinesi. L’unica differenza è che questi personaggi non sono la copia esatta di esseri umani, bensì riportano fattezze anomale: hanno occhi come due cerchi sovrapposti e la bocca è una semplice fessura.Hanno una pettinatura in stile celtico fatta a trecce e abiti orientalizzanti. Ma ciò che li rende unici è la loro titanica altezza, che va tra i 2 e i 2,60 metri, oltre al fatto che portano il 52 di piede! Sono statue in pietra arenaria, diritte in piedi e con braccia piegate a tenere scudi o armi.

Argentiera (SS), la miniera abbandonata e i fantasmi dei minatori
La miniera è stata ufficialmente aperta nel 1840: quella zona era ricchissima di oro e di argento e la piccola località viveva e prosperava grazie alle pepite che venivano estratte dai minatori. Arrivarono a scavare anche oltre i 700 metri di profondità; ma la troppa vicinanza al mare, con l’erosione delle rocce, causò crolli devastanti nei quali morirono tantissimi uomini. Si narra che le anime dei minatori che furono sepolti vivi, ancora adesso si aggirano tra quelle grotte.


Figure emblematiche del paganesimo sardo sono i mamuthones.

MAMUTHONES e ISSOHADORES - Sant'Antonio Abate - Mamoiada ...

Fra le ipotesi avanzate sull’origine della rappresentazione vi sono anche una celebrazione della vittoria dei pastori di Barbagia sugli invasori saraceni fatti prigionieri e condotti in corteo, oppure un rito totemico di assoggettamento del bue, o anche una processione rituale fatta dai nuragici in onore di qualche nume agricolo e pastorale. Alcuni studiosi sostengono un legame con riti dionisiaci, altri negano questo collegamento, e la includono invece fra i riti che segnano il passaggio delle stagioni.

L’ultima domenica e il martedì di Carnevale, ogni anno, Oristano diventa capitale della Sardegna. C’è la Sartiglia.

Le stelle della Sartiglia, emozioni senza tempo | SardegnaTurismo ...

Festa dai mille simboli, festa della magia, della prosperità e della miseria, del dolore e della speranza.
Da Via Sant’Antonio, passando per il Duomo, sino a Via Vittorio Emanuele e Piazza Mannu, un fiume di persone, provenienti dalle città e dai paesi di tutta l’isola, si accalca ai bordi di un tracciato di terra e paglia. Ad ogni edizione, su quel percorso pestato dagli zoccoli dei cavalli si riversano secoli di storia. E un fragore di urla e applausi guida le gesta del cavaliere, quando la spada trafigge la stella. La Sartiglia non è una semplice celebrazione dei riti carnascialeschi, non è nemmeno la riproduzione di una giostra medioevale, né una mera esibizione di audaci e aitanti cavalieri. Dentro la Sartiglia convivono elementi di tradizione e cultura tramandati da centinaia d’anni. In questa manifestazione, che ad Oristano è vissuta con intensità emotiva indescrivibile sin dai tempi del Giudicato d’Arborea, sopravvivono probabilmente alcuni degli aspetti più interessanti e inesplorati della ritualità pagana, contaminata dai cerimoniali di origine cristiana.
Che cosa significa il nome Sartiglia o Sartilla (come si diceva un tempo a Oristano)? Il vocabolo deriverebbe dal castigliano Sortija, che a sua volta ha origine dal latino sorticola, anello, diminutivo di sors, fortuna. Nel significato c’è veramente il senso della gara che è sì una corsa all’anello, alla stella, ma anche una festa legata alla sorte. Un evento nel quale è facile rintracciare reminiscenze di antichi riti agrari attraverso i quali i popoli chiedevano agli Dei la fertilità della terra e l’abbondanza del raccolto.

Altre leggende sembrerebbero in qualche modo identificare la Sardegna, o meglio l’antica Tirrenide (che ricomprende sia quest’isola sia la Corsica) con la mitica Atlantide ma si tratta di ipotesi non corrispondenti a realtà. (Per saperne di più vedi qui)

Cagliari
Tra i luoghi più importanti di tutta l’isola vi è certamente Cagliari, il capoluogo di Regione della Sardegna, le cui origini sono incerte e pare molto risalenti nel tempo. Sono infatti numerose le leggende narrate sulle origine di questa città.



J.Bleau – “Calaris” 1680 – Incisione su rame

Fondata certamente da uomini venuti dalle sponde meridionali del Mediterraneo più di un millennio prima dell’evo cristiano (gli Shardana), avrebbe poi conosciuto nella sua storia diverse devastazioni per via dei saccheggi dei corsari saraceni e, più di recente, dei bombardamenti degli aerei angloamericani.
La sua importanza deriva dall’essere un importante crocevia nelle rotte del grande mare europeo.
Non abbiamo una condivisa leggenda sulle origini di questa città e per dire tutta la verità, non sappiamo neppure con assoluta certezza a chi si debba l’idea di fondare una città all’interno di uno dei più sicuri e bei golfi del Mediterraneo.
Qualche storico antico ne avrebbe dato il merito ad Aristeo, figlio d’Apollo e della ninfa Cirene ed importante divinità campestre (forse in ossequio all’ambiente georgico dell’isola). Il De mirabilibus auscultationibus riferisce di un suo governo nell’isola (non diversamente da Solino, IV,2, per il quale Aristeo regnò, fondandola, nella città di Cagliari), resa fertile e liberata dagli infestanti animali selvaggi prima della conquista della Sardegna da parte dei Cartaginesi. I tratti di ecista vengono respinti da un’altra tradizione (Pausania X, 17, 4), che non scorge nella esiguità numerica e conseguente ristrettezza delle forze del gruppo che lo accompagnò, la possibilità «di fondare una nuova città».
Limitatamente alle modalità e alle ragioni del suo arrivo, posto dal periegeta tra Sardo eNorace (ordine che viene invertito a favore di quest’ultimo in Solino) e dopo Sardo e i Troiani in Silio Italico, (XII, 375-369) si dice che Aristeo giunse in Sardegna -dietro consiglio della madre (Diodoro, IV, 82,4) a causa del dolore provato per la morte di Atteone (Sallustio II, fr. 7, e Pausania , X, 17,3) – passando per Creta (Sallustio) o per la Libia dopo aver lasciato i figli a Ceo (Diodoro). A lui si deve l’introduzione della caccia (De mirabilibus Auscultationibus) e dell’agricoltura (Diodoro) nell’isola, dove gli nacquero due figli dal significativo nome di Charmos (Grazia) e Callicarpo (Belfrutto).
Solo Sallustio e Pausania gli affiancano Dedalo nel ruolo di accompagnatore, per quanto il secondo contesti prontamente il senso della notizia sulla base dell’anacronismo individuabile nel porre in relazione personaggi vissuti in epoche distinte: Aristeo, infatti, è vissuto, secondo la genealogia comparata, almeno due generazioni prima dell’artefice ellenico. La forzatura operata nell’inserire la figura fu quindi il frutto di una sistemazione del racconto tesa ad esaltare con maggior pienezza il ruolo assunto dagli ateniesi in Sardegna.
Il culto di Aristeo è presente in numerose aree del Mediterraneo e secondo la corrente interpretazione il suo culto nell’isola avrebbe remote origini (MASTINO, UGAS) e persiste nell’isola sino ad età romano-imperiale, venendovi richiamato da una statuetta bronzea del II-III sec. d.C.



Si tratta di una statua mutila raffigurante un giovane dal corpo cosparso di api, con due rosoni o fiori disposti sulla sommità del capo e le cui braccia dovevano un tempo aver sostenuto un ramo d’ulivo ed un attrezzo connesso alla pastorizia. La Angiolillo ipotizza che l’aspetto apollineo dello schema figurativo sia da leggersi in seno a quel fenomeno di trasposizione mitica cui il personaggio è sottoposto nel tempo; la vitalità del suo culto si inscriverebbe inoltre nel quadro di una situazione storica caratterizzata da tanti fermenti religiosi e filosofici: in sostanza Aristeo, rapportato ad Orfeo come suo alter ego in veste di apicultore modello e marito fedele, potrebbe aver trovato spazio all’interno di culti misterici tradizionalmente dedicati ad altre divinità del pantheon classico.
C’è anche chi avrebbe sostenuto la tesi del re libico Ercole, o, ancora, del greco Iolao e dei suoi Tespiadi, come ha scritto Diodoro Siculo. Un’altra voce attribuirebbe la fondazione a Karino, uno dei figlioli procreati da Aristeo in Sardegna.
Di tutto questo, peraltro, mancano precisi riscontri. Forse occorre dar retta al poeta Claudiano che ne attribuisce l’origine all’iniziativa della gente fenicia della potente Tyros (città non lontana dall’odierna Beirut) ed ai progetti espansionistici dei suoi re, fra i quali la storia ricorda particolarmente le gesta dell’intraprendente re Milki.
Sembra certo, comunque, che – chiunque essi fossero – i padri fondatori della città vi giunsero dal mare, attratti, non v’è da dubitarne, dalla splendida posizione del grande ed accogliente golfo al centro di quel mar Mediterraneo nel quale si specchiavano, in quei tempi antichi, le più importanti civiltà del mondo.
Oggi, c’ è un sufficiente accordo nel sostenere che furono proprio i fenici, navigando da oriente verso le Colonne d’Ercole alla ricerca di più proficui affari e di nuove ricchezze, a scoprire, circa 1200 anni prima della nascita di Cristo, questo accogliente e quieto golfo al centro del Mediterraneo, scegliendolo come accogliente rifugio per l’approdo e la sosta delle loro imbarcazioni.
Cagliari quindi sarebbe sorta come tappa di passaggio e non come luogo di residenza, quasi una sorta di autogrill per i viaggiatori dell’antichità, dove sostare, rifocillarsi e prender fiato per le tappe successive.

Sarà poi nello scorrere del tempo, e con l’insediamento di quei fenici nelle sponde settentrionali dell’Africa (a Cartagine), che quel luogo si sarebbe trasformato – come accaduto alle stazioni di posta dell’West americano – in un agglomerato di case e poi, pian piano, in vera città. Karel o Karali, appunto, come i punici l’avrebbero denominata.
Ed proposito, sembrerebbe risiedere proprio nel nome il segreto antico della città. Perché nelle sue radici etimologiche potrebbe ritrovarsi la verità, o la leggenda, della sua fondazione. C’è infatti chi sostiene (come lo storico Piero Meloni) che abbia una radice mediterranea, da kar- nel senso di pietra, roccia, o da kal- nel senso di cala, insenatura. Da qui la dizione Karalis od anche Karali al singolare, e questo fino al Medioevo quando verrà sostituita dalla forma metatetica Calaris. In seguito, il raddoppio della elle avrebbe portato alla dizione Callari, da cui, per l’influsso catalano-spagnolo, deriverà l’attuale Cagliari. Tra il 1015 ed il 1016, capitò a Caralis d’essere invasa e saccheggiata dagli arabi di Mugahîd tanto da trovarsi ridotta ad un cumulo di rovine, abbandonata per di più da quei 20 mila abitanti che ne avevano fatto il più popoloso centro dell’isola. Si dovrà all’attivismo dei mercanti pisani, interessati ad assicurare sicurezza ai loro traffici marittimi, la ricostruzione della città, il cui possesso era ritenuto strategico per il controllo delle rotte mediterranee. E la ricostruirono come rocca fortificata, sull’alto di uno dei bianchi colli cittadini (l’attuale rione di Castello), dandole proprio quel nome che aleggiava a fortezza, Castrum Caralis, appunto (e per i sardi dell’interno Cagliari rimarrà per sempre Casteddu).

Alcune domus de janas e resti di capanne del IV – III millennio a.C. scoperte a San Bartolomeo e sul colle di Sant’Elia confermano che la zona dove sorge l’odierna città fu abitata fin dal neolitico; le risorse del mare, degli stagni, del territorio arido ed in parte roccioso ma adatto alla cerealicoltura ed a qualche coltura orticola, garantivano il sostentamento delle pacifiche popolazioni del periodo prenuragico .
Ci sono luoghi, a Cagliari, sui quali circolano leggende antiche, sospese tra verità e mistero. Tra i luoghi più enigmatici ci sono la Grotta della vipera, la Grotta di Santa Restituita e la Grotta dei Colombi.

Il tesoro nella Grotta della Vipera.
Si parte dalle pendici del colle Tuvixeddu, necropoli fenicio-punica tra le più grandi del mediterraneo. “Tuvixeddu” significa “colle dei piccoli fori”, dal termine sardo tuvu per “cavità”, dovuto proprio alla presenza delle numerose tombe scavate nella roccia calcarea.

La Grotta della Vipera: la leggenda di un amore – S&H Magazine


Anche la Grotta della Vipera è stata scavata nella roccia circa duemila anni fa. Il suo nome deriva dalla decorazione che raffigura due serpenti, simbolo di passione e fedeltà coniugale. Secondo la leggenda la nobile romana Attilia Pomptilla offrì gli dei la propria vita per ottenere la guarigione del marito Lucio Cassio Filippo, malato di malaria. Egli in cambio dedicò alla moglie un mausoleo funebre (la grotta) sulle cui pareti si possono ancora leggere le iscrizioni in greco e latino.
Ma la leggenda popolare va oltre. Parla di un tesoro e di un insetto mortale “sa musca macedda”. Nelle profondità della Grotta della Vipera sarebbero state sotterrate due casse: una conteneva il tesoro e l’altra le mosche seminatrici di morte.
Le ricerche del tesoro iniziarono nel 1641, quando due coniugi cagliaritani, Giovanni Satta e Marianna Lochi, ottennero l’autorizzazione del procuratore reale (ancora conservata nell’Archivio di Stato) a scavare la grotta. I documenti ufficiali finiscono qui ma i cagliaritani, sottovoce, parlarono a lungo del rinvenimento di un gran tesoro che venne diviso tra i poveri abitanti del borgo di Sant Vendres (San’Avendrace).
E fantasticarono sulla fortuna dei due coniugi nell’aprire la cassa giusta, lasciando a qualcun altro le mosche mortali.
Nel fondo della grotta, ancora oggi, sono presenti due cunicoli di cui non si conosce l’origine.

Le guarigioni miracolose della Grotta di Santa Restituta.
A Cagliari, nel cuore del quartiere Stampace, esiste un luogo in cui i malati possono riacquistare miracolosamente la salute. O almeno così narra la leggenda. Questo luogo è la grotta di Santa Restituta, madre di Sant’Eusebio vescovo di Vercelli.

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La voce popolare racconta che Santa Restituta venne legata ad una colonna, dentro la grotta, e uccisa barbaramente durante le persecuzioni Diocleziane. L’eco del martirio si propagò nei secoli, il luogo assunse una luce tragica e misteriosa.
La cultura popolare, nel tempo, ha mescolato la tradizione cristiana con quella pagana, e la grotta è diventata un luogo di guarigione.
Nella Cagliari del primo ottocento la leggenda si mescola con la povertà e con le tragiche epidemie. I bambini malati di vaiolo, dopo esser stati condotti all’interno della camera con la colonna del martirio, dovevano rotolarsi vorticosamente per terra sollevando la polvere miracolosa che gli avrebbe liberati dalla malattia. Così la leggenda è stata tramandata sino ad oggi.
Noi, tra sapere e non sapere, durante la visita della grotta tratteniamo un po’ di polvere tra le scarpe…

I fantasmi della Grotta dei Colombi.

La grotta dei Colombi e la leggenda del fantasma Dais - itCagliari


La grotta è situata alle pendici del colle Sant’Elia, nei pressi dell’insenatura di Cala Fighera. Era il luogo di caccia preferito dai bracconieri della zona perché nascondiglio di piccioni e colombi che, ancor oggi, nidificano all’interno in grande quantità.
Poi nella prima metà dell’Ottocento succede qualcosa, e la grotta diventa improvvisamente un luogo da evitare.

Tutto ha inizio qualche anno prima, tra il 1794 e il 1795. Un uomo di nome Dais viene riconosciuto colpevole di aver organizzato i tumulti popolari che portarono all’uccisione di due Cavalieri molto in vista, Gerolamo Pitzolo e Gavino Palliaccio.
La vendetta è tremenda. Il Dais viene torturato dai suoi nemici e, ancora vivo, abbandonato all’ingresso della grotta dei Colombi dove morirà dolorosamente. Ma la sua anima non può riposare in pace, come tutti coloro che muoiono di morte violenta. E allora diviene uno spettro nascosto tra le tenebre della grotta, dove ancora oggi diffonde il suo lugubre lamento spaventando gli incauti visitatori.
La Grotta dei Colombi è accessibile solo via mare, ed è uno dei luoghi più ventosi della Sella del Diavolo. Nei giorni di vento può capitare di sentire come un lamento provenire dalle acque, ma niente paura: è solo una leggenda (!).

La città di Cagliari è un luogo davvero immerso nella magia, la città sotterranea è sconosciuta ai più ed è un luogo incantato e alcune ville sono abitate dai fantasmi.

Il mistero della Villa di via Rossini.

Storia di Cagliari: 1905 - Cagliari Art Magazine


A cagliari in via rossini sorgeva una vecchia villa la cui costruzione risaliva al 1905.
Apparteneva alla famiglia Tapellina di Vigevano,commercianti trasferitisi a Cagliari nel 1904.
Grossisti di cotone e filati,nel 1905 costruirono la loro dimora in via rossini dove vivevano Mario Tapellina, sua moglie Egle Faruzzella e due figlie, Liliana e Samanta di 25 e 30 anni.
A maggio del 1909 due malintenzionati riescono a infiltrarsi all’interno della villa dei Tapellina con l’intento di rubare qualsiasi cosa di valore; ma i signori Tapellina avevano una grossa cassaforte contro la quale i due ladri nulla poterono quindi decisero di nascondersi e aspettare il rientro dei padroni di casa e farsi aprire la cassaforte da loro.
Intorno alle 22 tutta la famiglia rincasò e appena si richiusero la porta alle spalle, i due saltarono fuori brandendo lunghi coltelli e minacciarono di morte le due ragazze se il padre non avesse aperto loro la grande cassaforte.
Il signor Tapellina non vedendo altra possibilità corse ad aprire la cassaforte dentro la quale conservava anche una pistola che afferrò prontamente, si girò e la puntò su uno dei due malviventi il quale fu velocissimo ad afferrare per le spalle Liliana e portarsela davanti a mò di scudo.
Il colpo partì e il proiettile colpì Liliana al petto uccidendola; nello stesso istante il complice spaventato si avventò sul Tapellina e lo accoltellò colpendolo almeno 12 volte. La signora e Samanta urlavano terrorizzate e anche loro venero messe a tacere dai coltelli degli assassini.
A questo punto chiusero i cadaveri nella cassaforte, pulirono le traccie di sangue e si dileguarono senza lasciare traccia.
Nessuno cercò la famiglia Tapellina e il loro negozio restò chiuso come la villa nel giardino della quale crebbero i rovi che coprirono anche l’ingresso.
Arriviamo ai giorni nostri. Fino al 1997, anno in cui la villa venne demolita per lasciare posto a un moderno condominio, la polizia e i carabinieri furono tempestati da telefonate dei vicini di casa che continuavano a vedere luci accese al suo interno e sentire urla disperate di donne.
Naturalmente non fu mai trovato niente e la corrente elettrica era stata staccata da molti anni.
Esistono anche testimonianze di coppie che appartatesi nel giardino abbandonato per avere un pò di privacy, dovettero scappare spaventati dalle voci che provenivano dall’interno dell’abitazione, insieme a spari e urla spaventose.
Alcuni hanno affermato che la cassaforte non poteva contenere tutti i corpi e che la villa si ergesse sopra l’ingresso di una galleria di epoca romana che si ricollegava alla fitta rete di sotterranei di cui cagliari è ricca. Costruirono un vero e proprio bunker sopra la galleria e sopra il bunker e alcuni affermano che i corpi siano stati ritrovati nel bunker ma il mistero è rimasto irrisolto.

[size=1]Fonti
http://it.wikipedia.org/
http://sardegna.marenostrum.it/
www.aristeo.org
www.luoghimisteriosi.it
www.ilportalesardo.it
www.sardegnadigitallibrary.it
www.antiquarius-sb.com
http://flyingobject.altervista.org
tottusinpari.blog.

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