La Commissione europea fa marcia indietro sull’indicazione dell’origine degli alimenti in etichetta e in due report pubblicati lo scorso 20 maggio dalla Commissione europea conclude che:
I benefici ricavati dai nuovi requisiti di indicazione obbligatoria non superano i costi. Pertanto le indicazioni volontarie sembrano essere la soluzione più adatta.
In pratica la Commissione dichiara che per quegli alimenti che non rientrano nella normativa vigente sull’obbligo di indicare in etichetta la provenienza (quali prodotti caseari, carni di coniglio e cavallo, pasta, passata di pomodoro, zucchero o riso) è preferibile optare per una scelta volontaria e non per l’obbligo.
Spiega Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus:
Come non essere delusi da questa mossa della Commissione? L’indicazione di origine degli alimenti è un’informazione fondamentale: priviamo i consumatori del diritto di scelta. Avremmo voluto più coraggio dall’Unione europea e ci viene il sospetto che questo provvedimento abbia a che fare con le trattative segrete del Ttip. La verità è che non sappiamo quali accordi siano stati già presi, pertanto non sappiamo che cosa aspettarci. Slow Food ha risposto al deficit delle informazioni in etichetta con il progetto delle etichette narranti con cui raccontiamo origine, metodo di produzione e qualità organolettiche dei prodotti dei Presìdi. Avremmo certo preferito non ce ne fosse bisogno, ma i fatti ci portano a dover potenziare questo progetto
Qualche mese fa la consultazione popolare aperta dal ministero per le Politiche agricole aveva messo in luce la volontà di 9 su dieci italiani di conoscere l’origine degli ingredienti in etichetta sopratutto per poter scegliere prodotti nati e trasformati in Italia.
Per la Commissione però non è necessaria questa trasparenza in etichetta se non su base volontaria, ossia ogni singolo Stato membro potrà decidere in autonomia cosa rendere noto sulle etichette alimentari che non sono incluse nel Regolamento Comunitario: poiché:
Considerate le abitudini di consumo e i potenziali costi dell’introduzione dell’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta, per i prodotti caseari questa aggiunta potrebbe risultare più onerosa per alcuni più che per altri con un impatto “irregolare”. E mentre alcuni avrebbero costi maggiori di produzione, non è detto che i consumatori siano disposti a pagare di più per queste informazioni. Lo stesso discorso vale per le carni minori. I costi di produzione potrebbero aumentare entro una forbice che va dall’8% al 45%.
Il dubbio che si insinua è che una scelta di questo genere possa avvantaggiare tutti quei prodotti alimentari che rientreranno negli accordi TTIP e di cui potremo ignorare la provenienza.
Via | Slow Food
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